Cinema in giardino 2022

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L'Associazione "Sul Sentiero con Papà" ha il piacere di presentare "Cinema in giardino": una rassegna cinematografica su tematiche ambientali e relazionali dedicata ai ragazzi dagli 8 ai 12 anni accompagnati preferibilmente dal papà,
col patrocinio del Comune di Vasto.

Le proiezioni si terranno il 26, 27 e 28 agosto presso i Giardini d'Avalos.

L'ingresso è gratuito previa prenotazione:
L'Associazione "Sul Sentiero con Papà" ha il piacere di presentare "Cinema in giardino": una rassegna cinematografica su tematiche ambientali e relazionali dedicata ai ragazzi dagli 8 ai 12 anni accompagnati preferibilmente dal papà,
col patrocinio del Comune di Vasto.

Le proiezioni si terranno il 26, 27 e 28 agosto presso i Giardini d'Avalos.

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Al nostro Caro Amico Ruggero, che per anni ci ha ospitato nel suo fantastico "Ostello degli Elfi" a Barrea, facendoci innamorare della Natura

Ciao Ruggero

Pubblicato da alle 11:09
Al nostro Caro Amico Ruggero, che per anni ci ha ospitato nel suo fantastico "Ostello degli Elfi" a Barrea, facendoci innamorare...
Siete tutti invitati questa domenica, 28 gennaio 2018, a partecipare alla “Marcia silenziosa” che si terrà alle ore 10:00 nella zona del casotto della riserva di Punta Aderci utilizzato dalla Protezione civile. L’associazione “Sul Sentiero con Papà” vi aspetta numerosi!

Il Tavolo sull'ambiente
Ieri, martedì 23 c.m, ho partecipato nella Sala Consigliare del Comune di Vasto al Tavolo sull’ambiente indetto dall’assessore all’Ambiente Paola Cianci, riguardante il “cementificio” che si vuole costruire nella Zona industriale situata al fianco della Riserva naturale di Punta Aderci e alla sua valutazione d’incidenza ambientale. Il Tavolo si è aperto con il saluto di Paola Cianci rivolto a tutte le associazioni ambientaliste da lei personalmente invitate (la cooperativa Cogecstre WWF, Italia Nostra, Legambiente, Cobas, Arci Vasto, FAI, Amici di Punta Aderci, Vasto Libera, Associazione Civica Porta Nuova, La Nuova Terra, Confesercenti, Consorzio Vivere Vasto Marina, Consorzio Golfo D’Oro, Consorzio Vasto in Centro) ed a tutti i presenti. Dopo questo il dibattito è iniziato subito con la richiesta,immediatamente accolta e posta in essere, al sindaco Francesco Menna di descrivere più nel dettaglio come la situazione si era sviluppata fino a quel momento. Questi ha tenuto particolarmente a specificare che il “cementificio” che ora la Es.cal Srl di Foggia vuole edificare è solo un piccolo problema per la Riserva naturale di Punta Aderci, se paragonato ad altri impianti tutt’ora attivi sul territorio, tant’è che è stato descritto come “una goccia in mezzo al mare”. Purtroppo però il Sindaco, a causa di problemi lavorativi, non ha potuto continuare a partecipare al Tavolo e ha quindi lasciato la riunione. La discussione è stata continuata dal dirigente dell’Urbanistica Stefano Monteferrante, che si è subito schierato personalmente contro l’impianto industriale di cui ha poi illustrato la vicenda. Lascio notare l’uso della parola “personalmente”, perché ha ribadito con fermezza che, nonostante lui sia contrario al progetto, in carica di dirigente dell’Urbanistica, non ha potuto negare l’approvazione alla società pugliese (la quale, ricordo, ha ereditato il progetto Vastocem, compreso il capannone risalente al 2012 che fece scoppiare le prime polemiche che bloccarono in seguito l’iter) perché questa ha presentato tutti i documenti richiesti nel pieno rispetto della legge. Poi l’assessore Paola Cianci ha invitato tutte le associazioni a condividere con i presenti i loro pensieri, ma ciò non si è verificato come previsto. Infatti, dopo il discorso della rappresentate del WWF (sperando che la memoria non mi inganni), a smorzare il silenzio dell’aula è stato l’ambientalista Ivo Menna, conosciuto da molti per le sue prese di posizione forti e coincise. Egli ha voluto ricordare a tutti, per prima cosa, che sono ormai 20 anni che si parla del problema riguardante la Zona industriale, ma che non si è mai voluto risolverlo per motivi politici ed economici. Infatti, quando oltre 50 anni fa la Zona industriale è stata definita dal Comune, non esisteva nessuna Riserva Naturale di Punta Aderci, quindi il luogo sembrava adatto allo scopo, perché isolato dal resto della cittadina. Col susseguirsi del tempo però, con la conseguente fondazione della Riserva, non si è mai fatto veramente qualcosa per allontanare le industrie dall’area protetta perchè si sono rivelate economicamente vantaggiose per il comune di Vasto, che quindi si è ben guardato dal prendere seri provvedimenti a riguardo. Una scelta che reputo sbagliata su tutti i fronti e che, purtroppo, sta riemergendo proprio in questa situazione. Il “Cementificio”, dice Ivo Menna, ha avuto la possibilità di richiedere un posto vicino alla Riserva proprio perché due decenni fa nessuno ha voluto rimediare immediatamente alla situazione di squilibrio che si era andata a verificare.
Ivo Menna ha concluso il suo discorso suggerendo una possibile soluzione al problema; il Primo cittadino, in qualità di capo sanitario, deve dichiarare il “cementificio” dannoso per la salute dei  cittadini e quindi non edificabile. Dopo questo fermo intervento (che ritengo giustissimo) le altre associazioni hanno espresso le loro opinioni. Tutte quante,si sono ovviamente ribellate al “cementificio”,  chiedendo un’ulteriore valutazione ambientale e proponendo anche alcune soluzioni al problema. Fra queste mi ha colpito particolarmente quella di Vivere Vasto Marina, che con la seguente informa il Comune di voler spostare la Zona Industriale lontano dal territorio di uno dei più bei Siti d’interesse comunitario e ambientale d’Italia: "Non condividendo la scelta dell'area dove la stessa azienda ha già completato i lavori previsti, lasciando sospesi quelli soggetti a parere, fermi restando i diritti acquisiti e la vocazione di area industriale tipica degli anni Settanta, si ricorda che la stessa successivamente ha scoperto la sua reale vocazione turistica, dovuta alla presenza si uno dei più bei Siti d'interesse comunitario d'Italia. I due elementi, chiaramente in antitesi, dovrebbero portare gli organismi coinvolti a riflettere e strutturare un processo di eventuale spostamento verso fasce interne all'area industriale, più consone alle attività capaci di creare un appeal tale da attrarre investimenti di futuri partner, senza andare a ledere la zona di prossimità costiera". Il Tavolo sull’ambiente, arrivati a questo punto, si è concluso.

Ora vorrei scrivere qualche mio pensiero a riguardo. L’area di territorio abilitata alla Riserva di Punta Aderci quest’anno compie 20 anni dalla sua fondazione. Non si può ignorare come in questo periodo di tempo sia diventata man, mano il fiore all’occhiello (così l’ha definita anche Paola Cianci) di Vasto, tant’è che numerose riviste rinomate nel settore l’hanno sempre consigliata come una delle mete turistico-ambientale più coinvolgenti d’Italia. A parlarne è stata anche la famosa CNN, che ha trovato nella costa abruzzese un piccolo spazio di paradiso da tutelare e valorizzare. Ora noi però, consci di questo, vogliamo seriamente permettere l’apertura di un “cementificio” affianco a questo splendido luogo? Molti diranno che, in fondo, questo nuovo progetto non è dannoso come altri già attivi sul territorio e quindi può essere aperto, ma io non la penso affatto così. Possiamo paragonare il tutto ad un albero con soli tre rami. Facciamo finta che nel potarlo tagliamo per sbaglio un ramo buono. Ora voi che fareste? Lascereste stare, continuando a potarlo per bene nella speranza che col tempo il ramo ricresca, oppure lo abbattereste perché “tanto ormai gli ho tolto un ramo, che fa se continuo a togliere anche gli altri due e poi alla fine, visto che non produce più frutto, lo abbatto direttamente”? Credo e spero che tutti seguiremmo la prima ipotesi. E’ vero quindi che il “cementificio” è il male minore, ma non per questo dobbiamo pensare che sia giusto costruirlo, in quanto è pur sempre fonte di inquinamento. E no, non voglio essere ipocrita. Per me infatti, andrebbero spostate lontane dalla riserva anche le fabbriche che attualmente ci convivono accanto, in piena attività.  Vasto, penso sia una città che non deve solo valorizzare il turismo, ma renderlo la ragione principale per visitarla. Altrimenti  non avrebbe senso la scritta “città di vacanza” sul cartello di benvenuto , perché dubito molto che ci sia gente disposta a passare le proprie settimane libere in un luogo che affianca al suo più grande bene naturale una serie di industrie. Quindi, in conclusione, propongo la mia personale soluzione alla questione. Credo che la Zona industriale vada spostata lontana dalla Riserva di Punta Aderci e non completamente eliminata come ho sentito ribadire da alcuni. La realtà dei fatti è che in un modo o nell’altro la gente deve pur lavorare e, come si usa dire, “portare il pane a casa”. Però, al posto delle industrie,si potrebbe costruire una serie di attrazioni turistiche  che darebbero lavoro ai giovani, ma un lavoro all’aria aperta, a contatto con la natura e che non ti rinchiude in una fabbrica(per 43 anni!) e che  di certo creerebbe un ritorno economico non da poco. Altrimenti, mi duole dirlo, Vasto è destinata a morire. Per questo motivo vorrei invitare tutti voi cari lettori a partecipare questa domenica (28 gennaio 2018 n.d.r.) alla “Marcia silenziosa” che inizierà alle ore 10,00 nella zona del casotto della riserva utilizzato dalla Protezione civile. L’associazione “Sul Sentiero con Papà” vi aspetta numerosi!



N.B: Il seguente articolo è narrato in maniera puramente soggettiva e contiene opinioni puramente personali. Non vuole assolutamente offendere nessuno o denigrare le persone/aziende citate nel testo.
Ecco a voi i programmi per le varie settimane di volontariato che si svolgeranno quest'anno con l'Associazione.
La domanda di Piefranco:
Io e mia moglie abbiamo partecipato in parrocchia a una serata per genitori. Dopo la lezione dell’esperto, abbiamo commentato tra di noi e mi ha colpito molto che una mamma continuava a sostenere che secondo lei alla ?ne, nonostante tutti gli sforzi e le lezioni che noi adulti possiamo dare, quel che conta e si rivela decisivo è il carattere del figlio che è quello e così rimane. Quindi
se un bambino è timido gli si può perdonare che non dica grazie, se uno non riesce a stare fermo non si può pretendere che stia seduto nel banco, se uno è sensibile, non deve essere disturbato con certe difficoltà... Io ho detto che non ero d'accordo e che spesso tutto questo diventa una scusa per giustificare comportamenti maleducati di qualche bambino viziato.

La risposta della psicologa Renata Maderna:
Forse a quella mamma bisognerebbe dire che l’ineluttabilità del carattere a cui si riferiva in realtà non è un blocco monolitico. È vero che rimane un ?lo conduttore nelle vite di tutti. Infatti è possibile ritrovarne i tratti fondamentali anche molti anni dopo, quando il bambino che ricordavamo si è trasformato in un giovane adulto o in un uomo fatto. E vorrei dire menomale, visto che il piccolo generoso difficilmente si trasformerà nel vecchio taccagno e la bambina curiosa è probabile che non diventerà una donna spenta. Ma per fortuna molto può essere fatto per correggere i propri difetti e crescere da "uno che è fatto così” a una versione migliore di sé stessi. In questo i genitori possono fare molto, impegnandosi nell'educazione a cui, non a caso, i vescovi italiani guidati dal cardinale Bagnasco hanno dedicato gli orientamenti pastorali
per il decennio in corso. Educare vuol dire anche insegnare a un figlio che la timidezza non c'entra nulla con l'essere maleducato, a uno che non ama stare fermo che ci sono situazioni in cui si deve imparare a farlo e a uno sensibile che, proprio per questo motivo, deve tenere in conto le sensibilità degli altri. Compiti non facili che comportano una bella fatica, l'unica alternativa se
non vogliamo nasconderci anche noi genitori dietro un facile "non ci riesco...sono fatto così”.



Tratto da Famiglia Cristiana, numero 23, 2017

"Bravi genitori, lo si diventa accanto ai figli"
Omar Sy (attore de "Una famiglia all'improvviso)          


Obiettivo: Migliorare la relazione genitoriale uscendo dalla routine quotidiana sperimentando luoghi nuovi e serenità diverse; Arricchirsi di nozioni fondamentali per vivere meglio, in un contesto non scolastico e non troppo impegnativo.


3-4 giugno 2017
Guilmi, Paese non solo di ventricina 

 
Finalità
  • Conoscenza dell’entroterra vastese
Contenuti
  • Percorso naturalistico con conoscenza della flora e della fauna endemica e delle loro interrelazioni a cura di un esperto del luogo
  • I ruderi ci parlano di vita antica e ci interrogano su quella recente

3 giugno 2017


Ore 9:00
= Arrivo, presentazione del gruppo e colazione rustica offerta da Filippo
Ore 10:00
= Visita al Paese (Brevi notizie)
Ore 10:30
= Inizio escursione
Ore 13:00
= Pranzo al sacco portato da casa. Siesta
Ore 15:00
= Ripresa del percorso naturalistico
Ore 18:00
= Preparazione cena all’aperto con fuoco
Ore 19:30
= Cena*
Ore 20:30
= Osservazione del cielo stellato. Ascolto dei richiami di uccelli notturni. Riflessioni
Ore 22:00
= Riposo presso una casa dell’albergo diffuso del luogo*

4 giugno 2017

Ore 8:00
= Colazione*
Ore 9:00
= Inizio attività di volontariato (o nuova escursione)
Ore 13:00
= Pranzo*
Ore 15:00
= Prosecuzione dei lavori di volontariato (o escursione)
Ore 18:00
= Conclusioni e saluti

Si raccomandano calzature comode, giacche a vento e torce

*Cena del 3/06/2017
= €5, caduno
*Notte al B&B
= €10 (lenzuola portate da casa), caduno /o €12 (lenzuola fornite sul posto), caduno
*Colazione del 4/06/2017
= €2, caduno
*Pranzo
= €12, caduno, presso “La vecchia cantina” di Guilmi


Scadenza iscrizioni: 31 Maggio

Numero partecipanti: massimo 30 persone (compresi bambini)

Contatti per informazioni:

  • Filippo: 345 742 6770
  • Lorenzo: 329 978 1055
  • Anita: 347 8496574

Settimana al Parco Nazionale D'Abruzzo-Lazio e Molise
In progettazione, per informazioni telefonare ad Anita: 347 8496574

C’era una volta un vecchio pastore. Era un ometto piccolo piccolo con una grande barba che sembrava fatta di pelo di pecora, per quanto era ispida e ingarbugliata. Nessuna donna l’aveva voluto per marito perché, oltre ad essere brutto, era anche molto povero. Così egli si era abituato a vivere da solo nella sua casetta ai margini del bosco e a parlare sempre meno con gli uomini  e sempre più con le bestie. Adesso che era vecchio, poi, non scendeva neppure in paese: le chiacchiere della gente lo annoiavano; preferiva, piuttosto, vagare senza meta nella foresta e incontrare gli animali selvatici. Una mattina, mentre si arrampicava su per il sentiero di roccia durante uno dei suoi vagabondaggi, vide in lontananza un grande orso sbucare zoppicando da una macchia di cespugli. Il bestione gemeva, scuoteva la grossa testa e si fermava, di tanto in tanto, per leccarsi una zampa. Il cuore del pastore cominciò a battere forte per l’emozione: “Tatà Urze”-come era solito chiamarlo- tra gli abitanti della foresta era sicuramente il suo preferito. Possente e gigantesco, esso rappresentava tutto ciò che egli non era mai stato. Eppure qualcosa li accomunava: la stessa  natura errabonda e solitaria, la stessa estraneità rispetto ai propri simili. L’orso si sollevò sulle zampe posteriori, fiutò l’aria e lanciò un grido che pareva una richiesta d’aiuto.

Era tenero e terribile, minaccioso e indifeso.

Il pastore iniziò ad avvicinarsi lentamente, attento a non produrre il minimo rumore. L’idea che la bestia potesse aggredirlo non lo sfiorò neppure. Pregò invece che non scappasse. E non scappò, infatti. Con tutti i sensi all’erta continuò ad annusare l’aria, mentre i suoi occhi inquieti erano fissi sull’uomo che avanzava. Il pastore si trovava ormai a pochi metri e il grande orso gli parve ancora più grande. Forse era il dio della montagna, o forse era la montagna stessa. Mai il pastore si era sentito così piccolo e insignificante! Alzò gli occhi e incontrò quelli dell’animale, che non l’avevano abbandonato un istante. Sorrise e con una dolcezza mai provata prima d’allora gli sussurrò: « Tatà urze ». Sollevò quindi, delicatamente, la poderosa zampa e vide una grossa spina conficcata nel polpastrello. Tirò fuori il coltello dalla tasca e, prestando la massima attenzione, con pochi, precisi movimenti estrasse la spina e liberò la bestia dal suo tormento. Per un istante l’orso non si mosse, poi, come se improvvisamente si fosse reso conto dell’avvenuta guarigione, iniziò a leccarsi la zampa e lo fece a lungo, incurante della presenza dell’uomo. Infine si allontanò con un brontolio di soddisfazione. Il pastore lo seguì con lo sguardo finché non scomparve nella foresta, e solo quando anche l’ultima eco del suo rumoroso passaggio si fu spenta, si voltò per fare ritorno a casa. Con fatica riprese la sua vita di sempre: conduceva le pecore al pascolo, la mattina e la sera le mungeva, preparava i caci e le ricotte da vendere. Ma il suo cuore era rimasto nel bosco, con Tatà urze. Avrebbe dato qualunque cosa per sapere dove fosse e che cosa stesse facendo. Arrivò persino a desiderare che venisse a rubargli qualche pecora, nella speranza di poter vedere, ancora una volta, la sua grande sagoma scura. Non dormiva quasi più, sobbalzava ad ogni minimo rumore e, se il cane abbaiava, si precipitava fuori seminudo scrutando nel buio. Poi tornava nel suo letto, deluso e infreddolito, e con gli occhi spalancati aspettava che facesse giorno. Una mattina, mentre spingeva il gregge fuori  dallo stazzo, notò che i sacchi con cui era solito trasportare la legna non erano più al loro posto. Diede un’occhiata intorno e pensò che il cane, giocando, li avesse trascinati da qualche parte, ma non li vide e si ripromise  di cercarli meglio la sera al rientro dal pascolo. Le ricerche successive, però, non diedero risultati migliori: i sacchi erano scomparsi, rubati, forse, da qualche ragazzino in vena di scherzi. Il pastore non diede peso alla cosa e smise di pensarci. Munse le pecore, consumò un pasto frugale e se ne andò a letto stanco morto. Durante la notte il cane abbaiò a lungo e tirò la catena fino quasi a spezzarla, ma l’uomo non lo sentì: si era addormentato profondamente e forse stava sognando di aver ritrovato il suo amico orso perché, nel sonno, sorrideva. All’alba, quando uscì per governare le pecore, la prima cosa che notò furono i sacchi misteriosamente ricomparsi: erano appoggiati davanti allo stazzo, nello stesso punto in cui ricordava di averli lasciati due giorni prima, ma erano stranamente pieni. Chi poteva averli presi, per poi riportarli? E cosa contenevano? Incuriosito, si avvicinò e vide che erano colmi di bacche e di frutta selvatica. Un nome affiorò immediatamente alle sue labbra: «Tatà urze!», non poteva essere stato che lui. Non avendo altro da offrire per esprimere la propria gratitudine, aveva portato all’uomo i suoi cibi preferiti. Il pastore alzò gli occhi e frugò con lo sguardo la boscaglia, ma il grande orso solitario era già lontano. Pagato il debito di riconoscenza, aveva ripreso a vagare per i mille sentieri sconosciuti del suo regno incantato.
N.B: La favola che avete appena letto è tratta da una storia vera avvenuta nel Parco Nazione d'Abruzzo, Lazio e Molise! Da questa stessa vicenda è stato anche scritto un libro, intitolato appunto: "Tata Urze. L'orso bruno dell'Appennino centrale (Di Ciro Castellucci, Grafitalia Editore)".

Fateci sapere se la favola è stata di vostro gradimento!